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"Da dove ha origine la mia passione per il mondo dell’arte in generale e per la poesia in particolare" - 2° Parte

Maria Beatrice D’Aversa ricorda perfettamente, nonostante siano passati molti anni, il primo festival al quale ha preso parte Rosaria Giuranna, e le chiede se abbia conseguito ulteriori riconoscimenti successivamente a quel primo premio per la sua poesia “Grazie”, a Trieste. Rosaria racconta di essere arrivata seconda in un successivo festival, organizzato a Palermo nel 1991, mentre alcuni sordi di Torino conquistano il primo posto con “Pesce”. Dalla quarta edizione, Rosaria inizia a rendersi conto che la competizione limita gli artisti, i quali vedono esibirsi persone più esperte e non si sentono all’altezza di esprimere la propria arte.

Da quel momento in poi Rosaria comprende che i festival con premiazione rovinano la poesia e sceglie di non prendervi più parte, nemmeno come giudice; spera in futuro in un festival differente, in cui il pubblico possa interagire con l’artista e crede che solo così la poesia possa crescere. L’intervistatrice ricorda, inoltre, una poesia di Rosaria, “Orologio”, e le chiede di raccontarle da dove abbia preso ispirazione. Rosaria ricorda che era nata per caso, da un incontro con un ragazzo molto simpatico e dolce, una persona affascinante che da subito l’aveva colpita; il tempo in quel momento scorreva senza che lei se ne accorgesse e in un soffio il ragazzo se n’era andato. La poesia nasce appunto dal desiderio di fermare i momenti belli della vita, un desiderio irrealizzabile perché il tempo scorre inesorabile.

Tutte le sue poesie nascono dalle sue esperienze, e Rosaria menziona un nuovo progetto chiamato RITMOVI, che ha l’intento di mettere in luce il concetto di ritmo visivo, che unisce arte e lingua dei segni attraverso le mani, i movimenti, le espressioni e la molteplicità di colori e sfaccettature che questi possono trasmettere agli occhi di chi li guarda, un ritmo che prescinde dalla musica e dalle parole ma non per questo ha meno valore. Maria Beatrice D’Aversa pone infine una domanda riguardo l’insegnamento della poesia ai giovani. Rosaria, per esperienza personale, non crede che la poesia debba essere insegnata, né tanto meno che ci siano delle regole prestabilite per esprimersi.

A Napoli incontra un ragazzino di 12 anni che aveva imparato delle regole sulla poesia in Svezia; anche lei le conosceva e aveva provato ad applicarle ma non le erano sembrate funzionali. Rosaria lo esorta a segnare qualcosa di spontaneo, e quando il ragazzino lo fa, la emoziona molto. Secondo lei, ognuno ha le proprie abilità innate e le proprie regole in cui la produzione artistica si rispecchia. È questo che dà all’arte qualcosa in più, un valore aggiunto rispetto ai limiti delle norme imposte dall’esterno.

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